
Foto Bizzi
La stoccata che tiri può non entrare, quella che non tiri sicuramente non entrerà.
Questa è una delle frasi che dico più spesso ai miei allievi; e continuo, quasi schernendoli, dicendo loro che hanno una bellissima collezione di stoccate non tirate, tenute nel braccio, non liberate nella bellezza di un affondo.
E allora mi chiedo come sia possibile fare uno sport, la scherma, dove lo scopo è fondamentalmente quello di toccare, e avere paura di farlo. Ed è la paura più stupida, perché è proprio quella che fa attuare ciò che si teme; mi spiego: se io ho paura che avvenga una determinata circostanza, metto in atto tutte delle situazioni per far si che ciò che temo non accada (se ho paura delle altezze non salgo sulla Torre Eiffel); se ho paura di toccare, non tiro, quindi non tocco, cioè faccio in modo che si realizzi ciò che non voglio. E mi rendo conto che questa è solo una visione limitata di una paura più grande, la paura del fallimento. Ma da dove nasce questa paura? Questa assomiglia tanto alla famosa domanda da un milione di dollari. Sinceramente sto ancora cercando la risposta, ma uno dei concetti che cerco di spiegare e far sentire (che è più forte di capire) ai miei ragazzi è che la maschera è da uno. Nel senso che è costruita per contenere solo la loro testa, non ci possono infilare dentro anche il loro maestro, i loro genitori, i loro compagni di squadra. Più aspettative si portano dentro, più il loro gesto verrà rallentato dal timore di disattenderle. Cerco di far capire loro che salgono in pedana solo per loro stessi, che è vero che io sono alle loro spalle, ma che in quella benedetta maschera sono soli. Sono loro che guardano l’avversario attraverso la rete metallica, sudando sotto quella divisa pesante. Io la maggior parte del tempo, Continua a leggere→