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Il sapore di una medaglia

Foto Augusto Bizzi

Foto Augusto Bizzi

Che sapore ha una medaglia? Sa di sudore, un gusto un po’ salato, che ti cola dai capelli sul viso, e una goccia si posa sulle tue labbra e tu la senti sulla lingua. Quel sudore di cui il tuo corpo è abituato ad essere ricoperto, che lavi via ogni giorno con la doccia a fine allenamento. Del sudore della fatica, o di quello del caldo, quando tutti sono ormai al mare e tu sei chiuso in una sala a ripetere esercizi su esercizi, perché anche la perfezione non è abbastanza. Sa di lacrime, salate anche quelle, che scendono copiose e tu non riesci a fermarle, dopo una sconfitta, l’ultima o la prima, non importa, perché non si costruisce nessuna vittoria se prima non si impara a passare dal dolore per aver perso.
Che odore ha una medaglia? Odora di palestre polverose, di parquet e tartan, di polvere Continua a leggere→

Spadisti d’argento, ragazzi d’oro

Foto Augusto Bizzi

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Quando la maggior parte delle persone vengono a conoscenza del mio mestiere, quasi tutti fanno la stessa domanda: ma a tua figlia farai fare scherma? E può essere difficile crederci, ma non so mai che rispondere. Perché insieme al normale piacere di poter condividere la mia passione con lei, c’è anche la paura di non essere capace di mescolare insieme il ruolo di padre e di maestro. Però poi ci penso, e mi rendo conto che se oggi sono quello che sono è anche grazie all’ambiente della scherma, che, sicuramente con tutte le sue contraddizioni, come ogni ambiente del resto, è comunque uno dei luoghi (non so perché ma per me la scherma è un luogo) migliori in cui crescere. E questa ultima medaglia ne è l’ennesima testimonianza; infatti la prima cosa che mi salta agli occhi guardando la gara di questi grandissimi atleti, è che, a parte il loro indiscutibile valore tecnico, sono 4 ragazzi in gamba, dalla faccia pulita che si sono allenati in silenzio, senza troppi clamori, consapevoli Continua a leggere→

COMUNQUE

Foto Augusto Bizzi

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Comunque. È forse l’avverbio più odiato in queste Olimpiadi; usato da commentatori esterni, siano essi giornalisti o semplici utenti dei social, per descrivere le prestazioni dei nostri atleti. Sia di quelli che avevano speranze di medaglie e che non sono riusciti a soddisfare le aspettative, sia di quelli che in qualche modo dovevano, secondo quegli stessi commentatori, giustificare con un risultato minimo la loro stessa presenza a una kermesse così importante. Comunque. È una parola che odora leggermente di buonismo, quasi di pietà. È come se volesse dire: “va be’, sei bravo lo stesso”. Ma lo dice con sufficienza, quasi con fastidio. Quello che la rende forse così insopportabile non è il concetto che nasconde dietro, ma il modo in cui viene usata; o meglio, da chi viene usata. Da persone che credono che essere il primo di un ranking mondiale renda tutto facile; da persone che non hanno mai sperimentato la paura di giocarsi in pochi minuti il lavoro di un quadriennio; da persone che non conoscono minimamente cosa vuol dire la fatica, fisica e mentale, di preparare una gara così importante. La fanno facile, loro. Alla fine che ci vuole!? E magari mentre ti dicono che, dai, sei stato bravo, o brava, lo stesso, storpiano il tuo cognome, che hanno letto da qualche parte pochi minuti prima. Perché della tua carriera non conoscono niente. Degli sforzi enormi Continua a leggere→