La palestra ferita

Per gli amici della Scherma Bergamo

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Per gli amici della Scherma Bergamo

 

Guardo le foto di una sala scherma trasformata da un temporale estivo in una piscina e mi sale dentro un ‘enorme tristezza. Vedo quelle pedane che sembrano galleggiare e istintivamente penso alle mie pedane e allo sconforto che mi assalirebbe se le trovassi in quelle condizioni. Poi leggo le parole che fanno da didascalia a quelle fotografie e che parlano di un’incuria da parte delle istituzioni preposte alla manutenzione e alla cura delle strutture sportive; e la tristezza velocemente si trasforma in rabbia. Non posso fare a meno di immedesimarmi. Per noi schermidori, di qualsiasi età, la palestra è una sorta di seconda casa; accoglie la maggior parte delle nostre emozioni e spesso diventa anche un rifugio. È un ambiente familiare che racchiude rapporti fondamentali per ognuno di noi, e che spesso viene vissuto anche al di fuori dell’attività sportiva vera e propria. Mia madre, tanti anni fa, scherzando, mi disse che avevo fatto più docce in palestra che a casa, e probabilmente aveva ragione. E in questa semplice constatazione, fatta peraltro da una persona che non ha mai vissuto la scherma, se non per mio riflesso, c’è forse una delle verità più belle e a noi più care: le nostre sale scherma non sono solo edifici e luoghi predisposti ai nostri allenamenti, ma diventano parte della nostra vita e della nostra storia. E istintivamente creiamo un rapporto quasi alchemico con loro. Ci sentiamo protetti al loro interno e tentiamo di ricambiare a nostra volta cercando di proteggerle. Allora penso agli amici della Scherma Bergamo e capisco subito che la loro rabbia, la loro frustrazione non sono legate soltanto al disagio provocato dall’ennesimo allagamento, probabilmente evitabilissimo se le autorità competenti avessero fatto il loro lavoro, ma dalla consapevolezza che sia stato toccato un pezzo importante della loro storia; che sia stato ferito e maltrattato qualcuno che fa parte della loro famiglia. E allora il loro sconforto è il mio sconforto; e sono sicuro, lo sconforto di tutti quelli che entrando nelle proprie sale, calpestando le proprie pedane casalinghe, così familiari, sanno di essere finalmente arrivati a casa.

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