Archivio mensile:Ottobre 2015

Pinnacoli

Fra poche ore partirò per la Croazia insieme a 7 ragazzi e ragazze di età compresa dai 16 ai 23 anni. Andremo in pulmino fino a Zagabria per allenarci 4 giorni insieme a altri ragazzi e ragazze di età simili. E come ogni sera prima di una partenza mi ritrovo con le stesse emozioni di quando ero bambino. Un mix di ansia, frenesia e contentezza. Mi piace immaginare che anche per quei 7 ragazzi e ragazze sia più o meno lo stesso. La mia mente torna ai tanti viaggi e alle tante trasferte di questi ultimi 30 anni, e cerco in loro ricordi e impressioni di me stesso. Stranamente non sono preoccupato. Non sono certo l’unico a criticare questa generazione, a dire che i giovani di adesso sono totalmente diversi da quelli che eravamo noi. A definirli inaffidabili, pigri, maleducati, irrispettosi e sicuramente immaturi. E leggendo i giornali e guardando i programmi televisivi degli ultimi anni sembra proprio che sia così. Ma oggi non ci voglio pensare. Non voglio analizzare una generazione intera, non ho nessuna intenzione di cercare motivi sociali o antropologici del perché siano diventati o siano così (Anche se da qualche parte devo aver letto che la mela non cade mai troppo lontana dall’albero, quindi un piccolo esame di coscienza forse ci compete).
Oggi voglio pensare a quei 7 ragazzi e ragazze che con me domani si sobbarcheranno un viaggio di più di 10 ore per allenarsi 3 giorni con altri ragazzi e ragazze.
A quei 7 ragazzi e ragazze che riescono a conciliare studio e sport e a restare comunque degli adolescenti con tutte le caratteristiche della loro età.
Penso a loro, e la prima immagine che mi viene in mente è quella del deserto dei pinnacoli in Australia. Un deserto sconfinato dove Continua a leggere→

Diamoci una mano

Foto Trifiletti/Bizzi

Uno dei gesti che mi affascina di più della scherma è il continuo stringersi la mano. Quando si entra in palestra, dopo ogni assalto, ogni lezione, quando ci si saluta per andare via. È un gesto talmente naturale per noi, che non ci rendiamo nemmeno conto quanto possa sembrare strano, visto da fuori, questo stesso gesto compiuto da bambini di 7/8 anni. Un saluto da adulti nelle mani piccole dei bambini. Eppure più ci penso e più mi rendo conto come questo incrocio di mani, cantato anche da Giorgio Gaber, sia stato per me un continuo momento di apprendimento e di formazione.
Studi antropologici sostengono che lo sviluppo dell’uso delle mani sia avvenuto in parallelo con l’evoluzione del cervello. Del resto il movimento fine delle dita è una delle differenze più evidenti tra noi e i primati. E allora, se gli occhi sono lo specchio dell’anima, forse le mani sono il riflesso del nostro intelletto. E stringendo la mano posso comunicare molto del mio io all’altro. È un saluto in cui devo per forza di cose infilare parte di me. Le mani non mentono. Da quel primo gesto spesso ci facciamo un’idea più o meno precisa della persona che abbiamo davanti; è una sorta di biglietto da visita. Ma è anche un gesto solidale; si, perché, non posso dare la mano senza rendermi conto di chi ho davanti. Già nel primissimo movimento la mano va verso l’altro, si sposta dal mio corpo verso una zona neutrale, diversa da me e dall’altra persona; e poi, cosa più importante, devo modulare la stretta in base alla persona che intendo salutare. Non posso stringere allo stesso modo la mano di un bambino o di un adulto. C’è accoglienza in questo, forse più che in un abbraccio. C’è consapevolezza dell’altro e delle diversità tra me e l’altro.
Oggi spesso viene visto Continua a leggere→

Le dimensioni contano

In principio fu il righello; usato nei bagni della scuola, tirando in dentro la pancia per cercare di guadagnare un centimetro striminzito. Poi verso l’adolescenza la gara si spostò sulla lunghezza e rumorosità delle marmitte dei motorini, rigirate più volte su se stesse, per cercare centimetri che in linea retta non sarebbe stato possibile trovare. Con i 18 anni e l’arrivo dell’agognata patente, furono il numero dei cavalli a farla da padrone, e i più intraprendenti non si fermavano a quelli dichiarati sul libretto e spendevano i primi risparmi per arricchire elettrauti e meccanici che montavano centraline futuristiche per spremere anche l’ultima briciola stanca di potenza da utilitarie che sognavano di essere super sportive. Alla fine degli anni 90, con i primi telefonini, ci fu un piccolo momento di controtendenza: la sfida si spostò verso l’infinitamente piccolo; telefoni cellulari che diventavano sempre più minuscoli per essere davvero di tendenza. Grazie al cielo con l’avvento degli smartphone siamo tornati ai soliti canoni. Schermi giganti oggi riprendono la gara delle dimensioni. Di ogni modello veramente alla moda, americano o coreano, non conta, esce sempre la versione XL. E la comodità o la cara vecchia ergonomia non contano più. Ma il vero must in questa continua gara alla ricerca della grandezza perduta (o forse mai posseduta) è lui: il SUV. In tutte le sue varianti; di lusso, sportivo, economico, attento all’ambiente (sempre amato gli ossimori). Un gigante di acciaio e plastica, utilissimo nei film americani per dare la caccia a zombie e terroristi, che qui da noi serve solo per la spesa del sabato pomeriggio. Ma vuoi mettere il senso di potenza che ti da, nel parcheggio del centro commerciale, mentre carichi casse d’acqua e mozzarelle biologiche, e ti appresti a percorrere rombando i 200 metri che ti Continua a leggere→